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Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Unità sindacale o unità dei lavoratori?

di Andrea Bono R.S.U. Fincantieri

Le vicende degli ultimi mesi, in particolare quella degli autoferrotranvieri, testimoniano che quando i lavoratori vogliono, quando sono determinati, riescono a piegare il fronte dei padroni, costringendolo a trattare.

Non solo. Anche i fatti delle acciaierie di Terni, delle acciaierie Ilva, della questione Scanzano, ci forniscono indicazioni preziose. Queste situazioni ci dicono come l’unità dei lavoratori sia in grado di superare gli ostacoli più insidiosi. Risulta del tutto evidente che tale determinazione ha un potenziale enorme se trova una direzione politica adeguata, se è dotata di un efficiente coordinamento, se è provvista di un’organizzazione puntuale e precisa. Tutto questo lo può dare il partito, munito di quadri debitamente attrezzati, pronti a sacrifici e a un duro e spesso oscuro lavoro.

Molte lotte, sovente anche vittoriose, trovano difficilmente uno sbocco effettivo se lasciate alla “buona volontà” e allo spontaneismo. La lotta infinita della classe operaia contro il capitale non trae nutrimento proficuo da colpi estemporanei. Genio e sregolatezza non sono forieri di buoni risultati per il proletariato.

I lavoratori, sono purtroppo spesso non consci dei propri mezzi e delle proprie capacità autorganizzative. È questo il caso di milioni di operai che oggi invocano in modo generico e astratto l’unità dei sindacati. In effetti le organizzazioni sindacali, specie quelle confederali, l’unità la ritrovano come per incanto nei momenti topici; infatti se osserviamo quali sono stati gli sviluppi della vicenda degli autoferrotranvieri, ci accorgiamo di come i vertici sindacali nazionali abbiano ritrovato la coesione che pareva perduta in fretta e furia, giusto per firmare quell’accordo bidone che offende l’altissimo livello di lotta messo in campo dai lavoratori dei trasporti. Come si può osservare anche in questo caso, (ma è accaduto e accade in numerose altre vicende) quando i massimi dirigenti sindacali si siedono idilliacamente ai tavoli di trattativa per i lavoratori sovente sono dolori. O vogliamo dimenticare gli accordi di luglio del 93 che inaugurarono ufficialmente la drammatica stagione della “concertazione” che ha iniziato la rapida demolizione dei diritti dei lavoratori? In quel caso, ahinoi tutti e tre (CGIL,CISL e UIL) erano purtroppo d’accordo! E milioni di poveri illusi nella classe operaia furono abbindolati da quei ciarlatani che promisero l’Europa, lo sviluppo e altre idiozie simili. Anche lì i padroni ringraziarono.

In realtà sono i lavoratori che devono essere uniti e non i leader sindacali. I lavoratori coordinati e combattivi devono reimpadronirsi del sindacato e cacciare i burocrati parassiti.

Mai come in questo momento di crisi economica e industriale è stato così evidente che il compito del sindacato non può essere quello di promuovere linee di sviluppo “alternative” interne alle logiche di mercato. I capitalisti si muovono sul mercato mondiale alla tutela dei propri interessi, e non sono disposti a tollerare vincoli di sorta. Un sindacato autenticamente classista non deve immaginare un “capitalismo dal volto umano”, ma deve tutelare gli interessi dei lavoratori sempre e comunque, senza lasciarsi influenzare negativamente dalle compatibilità imposte dal mercato.

Al di fuori di questo la politica sindacale non può essere altro che la collaborazione con la controparte per peggiorare le condizioni di vita della classe operaia. Di qui nascono accordi bidone al ribasso, dove i vertici sindacali, compatti, compiono “atti di responsabilità” magari in nome dell’”ordine pubblico”, tradendo la volontà dei lavoratori in lotta. Dovranno i lavoratori trovare tra essi l’unità per costruire una società diversa da questa, e ciò non potrà avvenire certo aspettando riforme (che non arrivano mai) o richiamandosi ai valori democratici (borghesi).

La vera battaglia che gli operai devono condurre è sia contro il capitalismo che li opprime, ma anche contro il riformismo, che col capitalismo va a braccetto per pugnalare alla schiena i lavoratori. Questa deve essere la lotta coerente. Che o è rivoluzionaria o non è.

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