Febbraio 2009

Crisi, salari, licenziamenti, tagli.....
...facciamo del 13 febbraio

Uno sciopero generale e generalizzato

Il 12 dicembre scorso 1 milione e mezzo di lavoratori hanno scioperato e manifestato in tutto il paese. La Cgil è stata spinta nell’organizzazione dello sciopero in seguito alla crescente rabbia nel settore pubblico e metalmeccanico, cosi come sotto la pressione del’enorme movimento dell’Onda anomala che ha attraversa il mondo della formazione.

Questo sciopero dovrebbe essere solo l’inizio della lotta. A novembre, la cassa integrazione è aumentata del 525% e migliaia di lavoratori precari non hanno visto il rinnovo del contratto. Inoltre, l’accordo sui contratti firmato da Cisl e Uil con Confindustria indebolirà il contratto nazionale come strumento per ricuperare i salari.

Ogni giorno la crisi economica peggiora. Epifani dice che la Cgil organizzerà una manifestazione nazionale il 4 aprile se il governo non si muove per aiutare i lavoratori. Ma sarà troppo poco e troppo tardi.

Il 13 febbraio i metalmeccanici della Fiom e la Funzione Pubblica faranno sciopero. Questa dovrebbe diventare la giornata di uno vero sciopero generale e generalizzato, con una manifestazione unitaria a Roma, per dimostrare la nostra forza e raggiungere i nostri obbiettivi.

Bisogna urgentemente elaborare una strategia chiara per fare avanzare il movimento e per garantire che non saremmo noi a pagare la crisi.


Sacrifici – ma non per tutti

Malgrado il finto ottimismo del governo, andiamo verso un lungo periodo di recessione durante il quale il governo proverrà in tutti modo di salvare i profitti dei capitalisti, attaccando frontalmente giovani e lavoratori e regalando miliardi alle banche ed ai padroni.

Il piano salva banche rappresenta la bellezza di 20 miliardi che partono per istituzioni finanziarie e banche mentre la gente comune riceve l’elemosina per le famiglie più deboli con la social card (€1,33 al giorno).

Con la scusa del crollo della produzione e della recessione generalizzata, il governo intenderà spingerci a sacrificarci ancora di più ed a accettare condizioni di lavoro e salari sempre più precari.

Secondo la Cgil, se fosse stato vigente il nuovo accordo sui contratti nel periodo 2004-2008, i lavoratori avrebbero perso in media €1.352 mentre le imprese avrebbero guadagnato €16 miliardi.

La disparità tra ricchi e poveri va sempre crescendo e il prossimo periodo preannuncia lo superamento del 30% dei lavoratori sotto il livello di povertà in Italia.

Sotto la pressione di chiusure di aziende e licenziamenti di massa, il governo in difesa dei suoi amici padroni ci spingerà ad accettare cassa integrazionie a turno o settimane corte con diminuzione di salario. Queste non sono in nessun modo soluzioni al problema ma solo un modo per nascondere i licenziamenti e nuovamente fare pagare a noi, giovani e lavoratori, il prezzo della crisi.

Con la settimana corta o cassa integrazione a rotazione con riduzione di salario, ci chiedono una volta di più di stringerci la cinta, giocando la carta della finta solidarietà. Ma questo è un altro modo per dividerci, inserendo una pressione su chi accetterà di guadagnare meno lavorando meno e chi sarà minacciato di licenziamento perché ha bisogno di un redito completo per campare e tirare avanti.

Con una riduzione del salario i consumi stagneranno o continueranno a calare ciò aumenterà l’effetto spirale e sarà pretesto ad altre chiusure e licenziamenti per esempio nel settore tessile.

I soldi ci sono

I politici e la Confindustria dicono che i soldi non ci sono per salvare i posti di lavoro, per pagarci salari didnitosi e per investire nella scuola, nell'università e nella sanità . Balle! Loro hanno trovato miliardi di euro e di dollari per ‘salvare’ le banche e le istituzioni finanziarie. I soldi sì ci sono - nelle loro tasche e nei loro portafogli.

Dal 2003 al 2006 la produttività in Italia è cresciuta del 16,7%, ma di questa crescita solo il 13% è andato ai lavoratori, mentre l'87% è finito nelle tasche del padronato. Non c'è una mancanza di ricchezza - è solo che una minoranza straricca – il 10% della popolazione italiana - possiede il 45% della ricchezza totale. Il 50%, invece, deve campare con meno di €1.900 al mese.

Per liberare le risorse e per beneficiare la maggioranza della società, invece di una straricca minoranza di banchieri e di padroni, è necessario un cambiamento radicale della struttura dell'attuale sistema economico e sociale.

Il primo passo sarebbe portare in mani pubbliche le banche e le grandi imprese. I capitalisti stessi riconoscono il fallimento del proprio sistema. E' per questo che sono intervenuti loro stessi nel ‘libero mercato’, regalando cifre allucinanti di soldi pubblici alle banche.

Ma noi non vogliamo nazionalizzare i debiti e far sì che gli azionisti continuino ad incassare profitti enormi! Vogliamo la nazionalizzazione sotto il controllo democratico dei lavoratori e dei consumatori. Così sarebbe possibile decidere democraticamente dove investire i soldi, dando la precedenza al lavoro, ai salari e pensioni ed ai servizi pubblici come la scuola, l'università e la sanità

Un’alternativa anti-capitalista

Finché durerà questo sistema, i banchieri, i padroni e i loro rappresentanti politici cercheranno sempre di far pagare a noi la crisi per conservare i propri profitti. Perciò bisogna costruire delle lotte affinché ci sia Una vera alternativa politica che rappresenti gli interessi dei lavoratori, degli studenti, e dei ceti poveri, e non quelli di Confindustria e coloro che si interessano solo ai profitti.

Tale alternativa dovrebbe essere necessariamente anti-capitalista perché tutti gli attacchi che affrontiamo provengono proprio dal sistema capitalista, il che, come dimostra chiaramente l’attuale crisi economica, è un sistema fallimentare.

Comitati di lotta

Il fatto che il governo abbia effetuato una probabile parziale marcia indietro sulla riforma Gelmini alla vigilia dello sciopero del 12 dicembre, dimostra, le opportunità di vittoria di un movimento unitario determinato e munito di un programma rivendicativo chiaro.

Dovremmo da oggi costituire comitati di lotta in tutti posti di lavoro unendo i lavoratori al movimento della formazione nelle scuole e nelle università per discutere delle prospettive e di un piano d’azione per il prossimo periodo. Da questi comitati dovrebbe uscire una chiara piattaforma di rivendicazioni che comporti:

  • Ritiro completo delle leggi 133 e 137.
  • Rovescio degli attacchi Brunetta - Tremonti nel settore pubblico
  • Ritiro dell’accordo sui contratti
  • Abolizione della legge 30 e reddito di sostegno per tutti lavoratori.
  • Stipendio minimo di €1.300 e reintroduzione della scala mobile.
  • No all’aumento dell’età pensionabile delle donna ma un uguaglianza reale nei stipendi
  • Nazionalizzazione sotto controllo e gestione democratici dei lavoratori e cittadini di tutte le aziende che minaccino licenziamenti o chiusure.

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